Vallecorsa si trova in una posizione altamente strategica, al centro di una vallata che collega la Valle del Sacco alla Piana di Fondi.

Sull’origine del nome ci sono varie ipotesi. Secondo una di queste, il nome deriverebbe dal termine “Vallis cursus”, valle di passaggio. Secondo un’altra, il nome si fa derivare da “Vallis Curtiae” (Valle della famiglia Curzia) in virtù del fatto che in epoca romana questi territori dovettero essere affidati alla stirpe dei Curzi. Altre ipotesi ne indicano la derivazione del temine “Vallis Ursae”, valle dell’orsa, forse a voler indicare un animale che anticamente predominava nella fauna, oppure “Vallis Decursa”, valle percorsa da un torrente, che scorre rapido verso altri siti vista la conformazione del territorio non capace di trattenere le acque piovane.

Il territorio di Vallecorsa fu certamente abitato già dall’epoca preromana con i Volsci. A tale proposito, alcuni storici ipotizzano che la città di oggi possa corrispondere a Verrugine, una delle più potenti città del valoroso popolo volsco.

Con la caduta dell’impero romano cominciarono a nascere sul territorio i primi insediamenti sulle alture, uno dove sorge l’attuale centro storico, l’altro su un crinale dei Monti Ausoni che affaccia verso la Piana di Fondi, chiamato Acquaviva.

Vallecorsa compare in un documento dell’866 (del quale non è accertata l’autenticità), inclusa fra le proprietà dell’imperatore d’Oriente Basilio il Macedone dona Anatolio Caetani a ringraziamento dell’appoggio militare contro i saraceni.

La prima menzione storica accertata risale al 1072, quando in un documento il duca di Fondi Litfredo Caetani donò i suoi possedimenti, tra cui anche il “castello de Valledecursa” all’Abbazia di Montecassino.

In quegli anni Vallecorsa si venne a trovare in una posizione di frontiera, soggetta allo Stato Pontificio nell’organizzazione ecclesiastica ma feudo dei Conti dell’Aquila di Fondi (dal 1091 al 1232), nella sfera d’influenza dei Normanni stanziati nell’Italia meridionale. Vallecorsa era un “feudo immediato”, posto sotto il controllo diretto del Conte o suo rappresentante, il “Missore”, sorvegliato dal “Baglio”, emissario regio.

Il 23 maggio 1216 nei pressi di Vallecorsa il Conte Giovanni I de Ceccano inflisse una dura sconfitta Ruggiero dell’Aquila, Conte di Fondi, reo di aver distrutto il giorno precedente delle mole lungo il fiume Sacco e di essersi spinto fino a Ceccano. Durante i violenti scontri la cittadina subì violenze e molto probabilmente venne semidistrutta.

Agli inizi del XIV secolo i Caetani tornarono in possesso castello di Vallecorsa, incluso nei territori della contea di Fondi, con Roffredo Caetani (nipote di Papa Bonifacio VIII). La nobile famiglia concesse nel 1327 gli Statuti Comunali a Vallecorsa, regolamenti che restarono in vigore, con leggere modifiche anche con i feudatari successivi, i Colonna. Con alterne vicende di contrasto e appoggio sia del Papa che del Re di Napoli, i Caetani mantennero il feudo fino alla fine del XV secolo.

Nel corso del XV secolo gli insediamenti limitrofi di Ambrifi e di Acquaviva vennero progressivamente abbandonati e gli abitanti emigrarono in massa verso Vallecorsa. L’abbandono di quegli insediamenti ci fu forse a causa dei saraceni oppure a seguito della perdita della loro originaria funzione militare.

Dall’inizio del XVI secolo la città fu feudo dei Colonna, che estendevano il loro dominio su vaste zone della regione di Campagna e Marittima, e ci fu il distacco dalla contea di Fondi e dal Regno di Napoli con il conseguente passaggio allo Stato Pontificio.

Nel corso del Cinquecento, Vallecorsa assieme a San Lorenzo (Amaseno) e Sonnino vennero a trovarsi sotto la giurisdizione del Re di Spagna in una piccola enclave chiamata Regio Deposito di Sua Maestà Cattolica il Re di Spagna.

Nella prima metà del XVI secolo i tre feudi si trovavano sotto il dominio di Vespasiano Colonna, gran contestabile del Regno di Napoli. A seguito della sua morte ed il suo testamento a vantaggio della sua unica figlia Isabella, ci fu una forte disputa all’interno della casata sulle questioni ereditarie, con ripercussioni sui tre feudi. Lo scandalo sulla controversia testamentaria comportò l’intervento degli spagnoli, con il sequestro dei tre feudi da parte del Viceré di Napoli che li pose sotto l’amministrazione degli ambasciatori spagnoli nella Santa Sede. Gli spagnoli tennero i tre feudi fino al 1591, quando passarono definitivamente ai Colonna che li tennero fino al 1816.

Dalla fine del Settecento questo territorio di confine vide nascere il brigantaggio. Lo sviluppo del fenomeno è da ricollegare alla resistenza del popolo al reclutamento introdotto nel Regno di Napoli e con i francesi: coloro che si rifiutavano di arruolarsi si rifugiavano sulle montagne. Spesso però a queste persone si univano anche delinquenti veri e propri. Il brigante vestiva con il cappello ed i pantaloni di velluto stretti ai polpacci dalle cinghie delle cioce ed aveva la barba ispida con lunghi capelli sciolti sulle spalle. Nell’immaginario collettivo era ritenuto coraggioso, imprendibile, sprezzante del pericolo, spietato ed incitava a sentimenti di emulazione.

La posizione di Vallecorsa, a cavallo del confine tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli, era ottimale per lo stanziamento dei briganti; Il territorio montuoso, pieno di macchie e sentieri impervi, offriva nascondigli sicuri per i briganti che dalle alture potevano avvistare e tenere sotto controllo tutti i movimenti (gendarmi in perlustrazione, amici e pascoli da predare).

Tra i principali protagonisti del brigantaggio c’è Alessandro Massaroni, detto “il Mancinello”, nato a Vallecorsa nel 1790, indiscusso capo del brigantaggio pontificio, veniva definito “Robin Hood italiano” dal drammaturgo inglese George Daniels.

Accanto alla repressione dello Stato Pontificio nacquero campagne evangelizzatrici soprattutto ad opera dei Missionari del Preziosissimo Sangue di San Gaspare del Bufalo, che ebbero da Pio VII l’autorizzazione ad istituire nelle zone infestate dai briganti sei case di missione da cui irradiare l’attività missionaria nella zona.

Nel 1805 Vallecorsa diede i natali a Maria De Matthias, fondatrice delle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue di Cristo, dedito all’educazione della gioventù, diffuso in tutto il mondo. Venne beatificata nel 1950 e canonizzata nel 2003.

Con l’Unità D’Italia Vallecorsa entrò a far parte della Provincia di Roma e ne fece parte fino al 1926, quando venne aggregata alla provincia di Frosinone.

Durante la seconda Guerra Mondiale la città venne coinvolta in pieno dalle vicende del conflitto in quanto posta in una posizione strategica, nelle retrovie del fronte di Cassino. Vallecorsa subì l’assedio dei nazisti, la violenza dei bombardamenti americani, cominciati nel gennaio ’44 ed infine le violenze delle truppe coloniali francesi sulla popolazione.

Nel periodo della Guerra Alberto Moravia e la compagna Elsa Morante, sfollati da Roma, si rifugiarono nei pressi dei ruderi di Acquaviva, sul monte Sant’Agata, ospitati dalla famiglia Marrocco-Mirabella in un “pagliàro”, tipico ricovero realizzato con muro a secco e tetto in paglia che costituiva un rifugio per i pastori. Dalla testimonianza di quell’esperienza Moravia scrisse il suo celebre romanzo “La Ciociara”. Nel 1960 Vittorio De Sica realizzò sulla base del romanzo il film omonimo con protagonista Sofia Loren e venne girata la scena principale a Vallecorsa nella chiesa di Santa Maria delle Grazie.

Le caratteristiche geografiche del territorio hanno favorito, sin da tempi antichi, l’olivicoltura, la pastorizia e l’allevamento.

Nella parte più alta, sono riconoscibili i tratti del poderoso castello, ora adibito in varie abitazioni private. Nella stessa piazza, sul luogo dove sorgeva la Chiesa di San Rocco si trova il monumento a Santa Maria De Matthias, illustre cittadina vallecorsana alla quale è dedicata anche la casa-museo con arredi e materiali usati dalla Santa. Ai margini del centro storico la bellissima Porta Missoria, angolo medievale intatto del borgo. Due gioielli le chiese principali: San Martino, dalla facciata sobria, conserva al suo interno la miracolosa immagine della Madonna della Sanità, di epoca medievale. La chiesa di San Michele Arcangelo in stile barocco custodisce numerose opere fra cui il polittico dello Zucchi, forse commissionato dagli spagnoli. Poco fuori dal centro, la chiesa (non più usata) di Santa Maria delle Grazie fu il retroscena delle scene più dure del film “La Ciociara” di De Sica.

Cosa vedere

Punti d'interesse

CASTELLO DI ACQUAVIVA O VALLECORSA VECCHIA

Il villaggio medievale di Acquaviva sorgeva a Sud di Vallecorsa, arroccato a 600 metri d’altezza sul crinale dei Monti Ausoni. L’insediamento fu abitato almeno fino al XIV secolo, quando cominciò ad essere abbandonato dai suoi abitanti che migrarono a Vallecorsa, forse a causa di invasioni Saracene o della perdita dell’importanza del luogo fortificato.

Ciò che resta di quel borgo, probabilmente coevo a quello di Vallecorsa, sono la cinta muraria, i bastioni, le cisterne dell’acqua e i resti di materiale per la vita agricola degli abitanti, tra i quali restano ancora alcune mole di pietra per la macinazione delle olive.

I ruderi si trovano attualmente al confine con il territorio di Fondi e sono raggiungibili grazie ad un comodo sentiero (sistemato nel 2009) che sale dalla Forcella Pica. Il percorso segue pressappoco l’antico confine tra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato della Chiesa (infatti strada facendo si incontrano ancora vecchi cippi di confine in pietra del 1847, con, da un lato il giglio dei Borboni e dall’altro le Chiavi di San Pietro.

Le rovine di Acquaviva si trovano in una bellissima posizione panoramica: da qui si domina la Piana di Fondi, i Monti Ausoni e le Isole Pontine sul fondo.

MUSEO DELL’ARTE DEL RICAMO

Il Museo è sistemato nelle sale di quello che fu il convento delle Suore del Preziosissimo Sangue, edificio adiacente alla Chiesa di Sant’Antonio (oggi Biblioteca Comunale). Venne istituito nel 2003 e conserva utensili, attrezzature e ricami d’epoca, con una sezione dedicata a Santa Maria De Mattias.

Il percorso museale prevede la visita a tre sale. Nella prima sala, dedicata alla tessitura del lino, si trova un antico telaio, fusi, attrezzature per tessere e numerosi ricami tipici locali. Tutt’attorno, appese al muro, foto e spiegazioni sugli attrezzi e sul loro utilizzo.

Nella seconda sala, dedicata alla figura di Santa Maria De Mattias, è conservato un ricamo degli anni Quaranta del Novecento che veniva usato dalle suore del Preziosissimo sangue per insegnare a leggere alle bambine attraverso il ricamo.

Nella terza sala sono in mostra numerosi utensili contadini ed attrezzi agricoli.

Il museo è aperto su richiesta.

CHIESA DI SAN MARTINO

Si trova nella parte alta del paese ed ha origine medievale; probabilmente risale al XI secolo.

Nel corso del XIX secolo l’edificio ha subito alcune modifiche. Nel 1804 venne realizzato il campanile e verso la metà dell’Ottocento ci fu un restauro generale dell’edificio sacro, nel quale vennero realizzate pregiate decorazioni negli altari laterali.

L’austera facciata in pietra è in stile romanico e sulla porta principale reca la scritta “ecclesia matrix”. L’interno della chiesa è a tre navate con cappelle asimmetriche (due a sinistra e tre a destra) e ricco di marmi pregiati come il marmo africano delle colonne poste all’ingresso e quelli persiani dell’altare maggiore.

Nella chiesa è conservata l’effigie della Madonna della Sanità, un pregevole affresco che raffigura la Vergine che con una mano stringe al petto Gesù e con l’altra tiene un mazzetto di rose.

Sull’origine dell’affresco ci sono varie ipotesi, tra cui quella che lo vuole realizzato da un monaco benedettino. L’affresco è stato ricoperto per molto tempo dall’intonaco e venne alla luce solo all’inizio del XV secolo. L’improvvisa comparsa della Madonna della Sanità ci fu il 18 aprile 1412, quando a seguito di una forte detonazione in chiesa, i fedeli accorsi si resero conto dell’apparizione dell’effigie su una parete.

L’avvenimento venne ufficialmente riconosciuto, tanto che nel novembre del 1412 il Vescovo di Fondi concesse la bolla per indulgenza plenaria ai fedeli che si fossero recati a visitare l’immagine della Madonna.

Anticamente l’immagine si trovava in un altare lungo la navata sinistra, realizzato nella prima metà del XVII secolo. Nel 1922 l’effigie venne incoronata per Decreto del Capitolo Vaticano.

Durante i bombardamenti della seconda Guerra Mondiale la chiesa venne parzialmente danneggiata ma fortunatamente la parete dove si trova l’affresco non fu toccata. L’immagine venne quindi rimossa e posta in salvo fino a che nel dopoguerra fu sistemata nell’altare del SS.mo Sacramento.

L’attuale sistemazione dell’effigie, al di sopra dell’altare maggiore, si ha a partire dal 1962.

La prima cappella a destra è dedicata a Santa Maria de Matthias con le reliquie della Santa ed un’antica vasca battesimale. A seguire la cappella dedicata a Santa Lucia con la statua della Santa e quelle di San Pio e San Gaspare. La terza cappella di destra è dedicata invece all’Addolorata con la statua della Vergine e quella di San Rocco.

Nella navata di fronte, le cappelle dedicate al SS.mo Sacramento, con un pregevole Crocifisso proveniente dalla Chiesa della Madonna delle Grazie e la cappella di San Martino con un altare settecentesco in marmi policromi.

CHIESA DI SAN MICHELE ARCANGELO

E’ situata nella parte bassa del paese. Non si conoscono notizie certe sulla sua costruzione che potrebbe risalire forse al periodo della presenza longobarda in zona. La chiesa originaria è stata rimaneggiata nel corso dei secoli.

A partire dalla fine del Settecento San Michele Arcangelo è stato dichiarato Protettore principale.

La facciata è abbellita da intonaci e presenta quattro pilastri con capitelli dorici che sorreggono un grande cornicione. Al centro, sotto a un ampio finestrone si trova una nicchia con la statua novecentesca del Santo che stende la sua mano protettrice sulla città che si trova sul luogo di un dipinto. Sul portale è riportata la data 1624 in numeri romani, data da attribuire non alla costruzione della chiesa ma a una probabile ricostruzione dell’intero complesso avvenuta durante gli anni del dominio dei Colonna.

All’interno la chiesa si presenta ad unica navata con pilastri e capitelli in stile dorico che sorreggono un grande cornicione.

Dietro l’altare Maggiore si trova la nicchia con l’imponente statua lignea di San Michele Arcangelo, esposta in chiesa fin dal 1709; degna di nota la massiccia spada d’oro, donata nel 1959 dagli abitanti di Vallecorsa che portavano il nome del Santo Patrono.

Tra le opere d’arte custodite ci sono magnifici quadri ad olio donati del Cardinale Colonna nonché un pregevole polittico di Jacopo Zucchi risalente al 1572, probabile committenza dell’ambasciatore spagnolo Juan de Zúñiga. Nelle tele sono raffigurati al centro San Michele Arcangelo vittorioso sul demonio con a sinistra San Sebastiano e l’Angelo annunciante e a destra Santa Caterina d’Alessandria e l’Annunziata. Anticamente l’opera era situata sopra l’altare maggiore ma venne poi ritagliato per adornare un organo della ditta Catarinozzi (purtroppo andato distrutto).

CHIESA DI SANTA MARIA

Chiesa moderna, ricostruita sulle rovine dell’antica chiesa di origine medievale andata distrutta nei bombardamenti del 1944.

CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE

Antico edificio religioso con origini medievali, oggi sede della Biblioteca Comunale.

La chiesa venne citata per la prima volta in occasione di una visita pastorale alla fine del ‘500.

Altre notizie si hanno fino all’Ottocento, quando nella prima parte del secolo venne parzialmente demolita e ricostruita ed in seguito affidata ai missionari di San Gaspare del Bufalo.

Durante la Guerra la chiesa venne quasi totalmente distrutta dai bombardamenti. Fu tenuta dai Missionari del Preziosissimo Sangue di Cristo fino al 1965 ed in seguito affidata alle Suore Adoratrici del Preziosissimo Sangue.

All’interno della chiesa anticamente era custodito un pregevole Crocifisso (forse del XV secolo) proveniente dalla Chiesa di Santa Maria in Acquaviva, molto simile nelle fattezze al Cristo Deposto di Amaseno. Oggi il Cristo è conservato in una sala del Municipio.

CHIESA DELLA MADONNA DELLE GRAZIE

Chiesa di probabile origine medievale che era anticamente annessa ad un convento, abbandonato nel 1652.

Nel 1703 con l’arrivo dei Passionisti, il complesso venne restaurato ed ingrandito. Tra i personaggi illustri che vi vennero ospitati ci fu anche San Leonardo da Porto Maurizio durante un suo breve periodo di convalescenza.

La struttura in seguito passò ai Frati Minori ed infine ai Francescani che lo tennero fino ai primi anni del Novecento.

All’interno della chiesa è stata girata la toccante scena dello stupro di Cesira e Rosetta, personaggi principali del film “La Ciociara” di Vittorio De Sica, ispirato al celebre romanzo omonimo di Alberto Moravia.